domenica 5 dicembre 2010

LE BRUTTE NOTIZIE




RECENSIONE:
Maria Luisa Busi,
Brutte notizie,
2010, Rizzoli,
Milano

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Credevo di leggere un libro di cronache giornalistiche,notizie, magari brutte,come sottolinea il titolo.Invece mi sono trovata a gustare le pagine di un diario di una donna che fa la giornalista, che ama il suo mestiere, ma che parladi sé; della sua vita che s’interseca con quella dei cassintegrati, della romena Magda (che vende i suoi manufatti di vetro in una bottega di Roma.)
E vedo aprirsi anche vari scenari: degli operai di Melfi e di Pomigliano, dei terremotati dell’Aquila. Tutti vissuti da Maria Luisa attraverso colloqui, quasi confidenziali, con persone, che parlano delle loro condizioni, raccontano le loro storie di fatica e, spesso, di emarginazione.

In questo libro Maria Luisa esprime, infatti, un giornalismo caratterizzato da passione intellettuale,gusto delle idee, ostinata appartenenza, amore nascostoo anche discretamente esibito per la letteratura.
La qualità dei racconti, che si amalgamano nella sua cifra narrativa personale eimprontata allo stile di scrittrici come la Rasy, la Sereni, la Fusini, è certificata da un senso del ritmo narrativo svelto e personalizzato, raro fra i
nostri scrittori, forse istintivo, forse derivato dall'esperienza tutta particolare del suo mestiere.
Le sue storie, pertanto, sono alimentate, nel loro assetto tematico, dalla cronaca e dall'esperienza del suo lavoro, mentre talvolta capita che la suggestione evocativa del linguaggio, volta a ricreare frammenti del passato,lasci spazio a un’emotività controllata ma acutissima, a nostalgie intense madiscrete e suggestive.

Mi viene in mente il fazzoletto che le dava la madre, tenuto sempre nella borsa,le parole di Terzani, le sue preoccupazioni sulla formazione delle figlie, la sua preoccupazione di lasciarletroppo sole nell’ intenzione di dedicarsi al lavoro intensamente. Oltre un secolo di letteratura, dalla fine dell'Ottocento agli esordi del 2000,ha dialogato con la realtà dell'informazione giornalistica,sia facendo rivestire i panni del giornalista ai protagonisti di romanzi e racconti, sia vedendo
gli autori stessi impegnati contemporaneamente sul fronte della letteratura e su quello giornalistico, come Poe, Maupassant, Capuana,D'Annunzio, Matilde Serao, Sibilla Aleramo, Oriana Fallaci, Luce D'Eramo,Buzzati, Landolfi,Moravia, Palumbo, Piovene, Virgili, Doni, Pirandello, Prisco.
Ma non è proprio questa la tradizione in cui la giornalista si inserisce, ma in quella, a noi contemporanea, delle scrittrici che hanno fattoo fanno giornalismo, Ortese, Lipperini, Michela Murgia, Concita de Gregorio , Arhundaty Roy e tante altre.
Quando Maria Luisa va in Kelibia resta un po’ di tempo a parlare colmassaggiatore, Fawzi.

“Tu hai un male antico”, le dice Fawzi: “Vedo tanti stranieri, anche italiani,dice il ragazzo. Una fretta incredibile. Non si danno il tempo di parlare, di conoscere,
solo il tempo di comprare qualcosa di cui non hanno bisogno, di cuinon afferrano il senso, che forse nemmeno gli piace.”
E li vediamo questi italiani nel villaggio turistico, che danzano sfrenatamente,
che passano la giornata con gli animatori, che non riescono a guardare l’incanto
del mare della Tunisia.

“ Dieci chilometri di sabbia bianca, dune incontaminate mare turchese, un’immensa
distesa della consistenza della farina, selvaggia e deserta..”

Cos’, con pochi tratti Maria Luisa ci descrive due mondi: la gente semplice, lo scenario naturale, la piccola città di Kelibia, e questo popolo del Nord che stalì come in qualsiasi albergo della riviera adriatica, che vanno in Tunisia solo per gli animatori, per essere “animati”.
“Già siamo in Tunisia, ma in realtà nel profondo dell’Italia.
Quanto ci assomiglia questo villaggio. Un luogo dove si ignora tutto, non si vuole sapere,si vuole essere distratti da qualcosa che evidentemente ci angoscia, hissà cos’è.
E si ha paura di quel c’è fuori, di quel che non si conosce”.
L’autrice ce la racconta quest’Italia fatta di nuove e antiche povertàemergenti, di disoccupazione e precariato, di mercificazione delle donne, di conflitti d'interesse, di uso politico dei media,di terremotati, di studenti che chiedono cultura e progetti, di immigrati che lavorano 12 ore al giorno,senza alcuna protezione sindacale.

L’Italia di Magda di Simona di Loredana di Sergio dei terremotati dell’aquila di Roberto.E di tutto l’elenco delle brutte notizie che i telegiornali non vorrebbero dare,o danno in minima parte, per non intimorire quell’altra Italia,quella che simbolicamente potremmo definire ”del villaggio”, che assiste ai quiz, che ascolta
canzonette neomelodiche, che danza selvaggiamente i balli sudamericani,e guarda l’Isola dei Famosi.

E allora bisogna dare in tv le notizie che infondano ottimismo, montare lenotizie in modo tendenzioso, mentre l’informazione si snatura inintrattenimento: così, quello che dovrebbe essere lo specchio fedele di un Paese deforma la realtà quotidiana di un'Italia stretta nella morsa della crisieconomica e sociale.

E’ proprio questo che Maria Luisa non ha voluto fare.Perciò ha scritto un atto d'accusa dei meccanismi dimanipolazione, che è anche denuncia delle notizie
oscurate.
“Questa esasperazione del conflitto nello spazio mediatico non lascia spazio algiornalismo indipendente,ma nemmeno a un giornalismo apertamente di parte, ma
corretto nella sua impostazione professionale.Dopo le mie dimissioni sono stati in due ad appendere una lettera di solidarietà alla bacheca del TG!”


Ma noi osservatori attenti abbiamo capito perché l’autrice del libro ha dato ledimissioni, infatti “non credeva più nel giornalismo basato su parole d’ordine semplici, dettate dall’arroganza del governo”, nella costruzione di unanarrazione televisiva coerente con la propria narrazione politica,nell’illusione che a volte un verbo o un aggettivo servissero per spostare votidi qua o di là.

Per questo ha detto “Non ci sto” e ha scritto questo libro che parla anche dei meccanismi di scelta, taglio, ordine di presentazione delle notizie, delle
regole imposte dalla direzione al TG! Ce ne svela i retroscena.

E riporta le parole della favola amara di un altro grande giornalista, Ennio Remondino:

“ Siano notizie o prese di posizione sindacali, ciò che conta non è più la verità o la coscienza della persona, ma il gradimento. Il gradimento da parte di chi comanda. Anche la gerarchia rovescia la logica della sua autorità: nonvale più la dignità del sapere ma la forza del possedere”.

E di tutto il nostro Paese Maria Luisa fa un quadro complesso e completo: non èpiù un paese per giovani, non è per anziani, non è un paese per donne. E’ un paese di rendite, clientele, favori, di corruzione. Per le donne anche è difficile vivere qui. E si nota la differenza tra le leggi varate in Spagnasull’uguaglianza e i programmi televisivi e le immagini pubblicitarie delle donne.
Esiste in Italia una risoluzione del Parlamento nel 2008, la 401, cheinvita i governi a combattere gli insulti sessisti e le immagini degradanti, e condanna
i media per il loro ruolo nel perpetuare stereotipi di genere, ma anchela rappresentazione di corpi ideali come pericoloso incentivo a disturbi come anoressia
e bulimia.

“Come in un loop infinito un’immagine femminile che è sempre quella, banalizzata e parziale, su cui Fabiana Fusco dice: “è un ordine simbolico e materiale che
vorrebbe confinare che vorrebbe confinare le donne nell’ambito del corpo, ella sessualità, della riproduzione biologica e della cura familiare.”

E’ un corpo che deve stimolare gli uomini, allettarli, indurli a commentisessisti e fermi su una bella immagine costruita apposta e in vetrina. Ancora una volta la tv e i comportamenti di molti uomini politici contribuiscono adiffondere la solita idea,
che vige dall’inizio della storia, del controllo del corpo delle donne. Quindi L’Italia non è un paese per donne, né per bambini, che vengono trattati come
consumatori e esseri un po’ stupidi e ritardati o comeadulti che si esibiscono in canzoni e spettacoli già da professionisti.
Ma è unpaese per ricchi, pochi ricchi, che comprano ville favolose, yacht enormi, chehanno conti bancari off shore., che vivono nelle loro isole, hanno le loro scuole, le università private, i locali dove fanno festini, e si comprano le donne.
Un paese di palazzinari arricchiti, che si formano capitaliingenti di cui non si conosce l’origine,né il percorso. E’ il paese di mafiosi e camorristi, di clientele, clan, lobbies, scambi di favori e di voti, regali di mutui bancari.

Come dice Ilvo Diamanti, la società italiana è una società in cui l’ideologiaviene rimpiazzata con la fiducia nella figura del leader, l’organizzazione e la partecipazione con il marketing e la comunicazione, per cittadini-
spettatori, fauna narrazione della politica che deve avere il suo gradimento.
La favola viene ascoltata finché piace, perché la politica è una grande avventura mediatica,che ha fatto della televisione il terreno reale della contesa.
E continuerà a esserlo anche dopo Berlusconi, perché ormai il popolo è diventato pubblico e la conformazione della società è cambiata.
E’ per questo chebisognerebbe leggere il libro di Maria Luisa Busi, perché il quadro politico-sociale civile è completo.
Perche la narrazione è accattivante nellasua forma autobiografica e rivela la lettura della migliore letteratura e dellaspontaneità della sua vita di
donna, con i rapporti che intreccia, con i suoi affetti e la passione per il suo mestiere.
Che si mescolano alle emozionisuscitate dalle persone che l’autrice ha incontrato, anche solo per il breve tempo di un servizio giornalistico.
Mi piace concludere con le parole di Guglielmi, che ha dato l’impronta anni faai programmi di rai tre:“..In fondo, chi può stabilire se questi tempi siano
o meno tristi? Ovviamente:chi li vive. Chi li attraversa e li valuta. In questo caso, la mia tristezza dipende e deriva dalla 'mia' difficoltà ad accettare quel che mi avviene intorno. Faccio fatica e anzi non riesco a riconoscermi in
questo territorio informe, in questa plaga immobiliare per me senza senso;
dove le relazionipersonali sono povere e rarefatte, dove le persone si chiudono e si isolano,comunicano attraverso i cellulari, internet, i social network, dove le paure
sono le lenti degli occhiali con cui guardiamo gli altri e il mondo, dove ilmondo e gli altri arrivano nelle case e agli occhi delle persone attraverso imedia, dove la
politica è antipolitica, dove i partiti non sono più idee eassociazioni ma leader e oligarchie, senza idee e senza associazioni; e vivono a pieno tempo nei telesalotti.
Fatico a orientarmi dove gli stranieri appaiono nemici, dove anche gli altri appaiono nemici. Perché tutti diventano stranieri -e potenzialmente
nemici, altri da noi - in un mondo e in un territorio che nonconosciamo e in cui non ci riconosciamo. Per questo ho - e, forse, abbiamo -bisogno di bussole.
Per procedere e orientarsi nella nebbia, cognitiva ed emotiva, prodotta dal nostro tempo. Almeno ai nostri - miei - occhi."

Anch’io provo le stesse cose e ho trovato nel libro, bellissimo e completo di Maria Luisa Busi un primo sicuro orientamento, un modo, una chiave per capire la realtà
complessa e offuscata dalla nebbia televisiva e da tutti i messaggi che ci bombardano anche su Internet e per procedere e ricercare, e pormi sempredomande.
Ho la curiosità del ricercatrice, della studiosa, la passione per le arti e perl’innovazione, ma provo anche l’emozione nel leggere pagine ben scritte.

Gloria Gaetano

02/12/2010