mercoledì 16 febbraio 2011

Silvio Pelvico


Alla fine, depositato il polverone politico-mediatico del Truman Show, restano i fatti nudi e crudi, che il gip Cristina Di Censo descrive con una semplicità disarmante. Una sera di maggio un cittadino telefona in Questura per far rilasciare una minorenne marocchina fermata per furto senza documenti né fissa dimora, spacciandola per la nipote del presidente egiziano Mubarak.
Se fosse un passante, lo manderebbero a prendere per il trattamento sanitario obbligatorio. Trattandosi del presidente del Consiglio, trattengono le risa e obbediscono a lui anziché al pm minorile e affidano la ragazza a una procace consigliera regionale che si è precipitata sul posto in compagnia di una prostituta brasiliana, nelle cui mani poi la consigliera scarica la minorenne.
Le due immigrate vengono poi sorprese a rissare furiosamente e a rinfacciarsi la loro professione, la più antica del mondo.

Indagini, interrogatori e intercettazioni per scovare chi organizza il giro di squillo: saltano fuori i nomi della consigliera regionale, di un direttore di telegiornale e di un impresario di star dalla dubbia fama (lui, non le star). L’utilizzatore finale invece è il presidente del Consiglio, che paga in soldi, favori, gioielli, appartamenti in comodato gratuito: ecco perché ha telefonato in Questura. Dalle perquisizioni affiorano i soldi, elargiti un po’ dal premier un po’ dal suo ragioniere, che però non può essere perquisito perché abita in una succursale della Presidenza del Consiglio.
Ci vuole il permesso della Camera. I giudici lo chiedono. La Camera rispedisce il faldone al mittente senza dire né sì né no, sostenendo che è competente il Tribunale dei ministri perché il premier chiamò la Questura per sventare una crisi diplomatica con l’Egitto.
Vivo stupore in Egitto, dove nessuno è stato avvertito del fatto che il capo del governo italiano racconta in giro che Mubarak ha una nipote prostituta e che questa presta abitualmente servizio in casa sua (del capo del governo italiano). Anche perché, in tal caso, l’Italia rischierebbe non solo l’incidente diplomatico, ma un attacco missilistico.

Alla Procura di Milano bastano meno di tre mesi per tirare le somme: pagare una minorenne in cambio di sesso è reato (prostituzione minorile), indurre la Questura a compiere un atto indebito a favore di un’amica è reato (concussione).
E, siccome in casi così rapidi ed evidenti il Codice prevede il rito immediato, i pm lo chiedono. Il gip Di Censo sa quel che le accadrà se lo accorderà: verrà insultata, spiata, screditata, dossierata, trascinata alla Consulta. Eppure mantiene i nervi saldi e decide secondo coscienza, sine spe ac metu, uniche bussole il Codice penale e la Costituzione. Dopo i 5 giorni canonici, rinvia B. a giudizio immediato. Ritiene che le accuse siano provate e meritino il vaglio processuale. Il Tribunale stabilirà se è provata anche la colpevolezza dell’imputato B. Incidentalmente il gip spiega anche perché il caso è roba da tribunale ordinario:
basta leggere la Costituzione per sapere che è reato ministeriale quando un membro del governo abusa delle proprie funzioni. Ma il premier non ha poteri sulle Questure (non è il ministro dell’Interno né il capo della Polizia):
ergo, chiamando quella di Milano, non abusò delle funzioni, ma della qualità di capo del governo. Reato ordinario, tribunale ordinario. Tutto semplice, elementare, lapalissiano. Ci arriverebbe uno studente al primo giorno di Giurisprudenza. Non, dunque, legioni di politici e opinionisti servi.
Il 6 aprile, se vorrà, B. comparirà in tribunale. Se non vorrà, peggio per lui: lo processeranno lo stesso.
Dopo vent’anni di urla, strepiti, leggi su misura, censure, epurazioni, ricorsi, ricusazioni e centinaia di milioni spesi in avvocati, giudici, testimoni e deputati per trasformare il Parlamento e il Paese intero in un gigantesco collegio di difesa, si ritroverà solo, impotente, nudo come un verme davanti all’incubo che lo insegue da sempre: la Giustizia.

Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2011




Maschilismo & Nuovo Fascismo

Negli ultimi tempi si assiste ad un progressivo riemergere di pulsioni maschiliste ed edonistiche nella nostra politica e nella società, e non parlo solo dei baccanali che il nostro premier organizzava nelle sue tenute circondandosi di concubine.. ma anche di quelli, se vogliamo.
Ma cominciamo dall'inizio: il grande successo delle reti Mediaset arrivò anche dal mercimonio che si faceva del corpo femminile; nel recente documentario 'Videocracy' si accenna proprio ad uno dei primi quiz televisivi di quei canali, in cui rispondendo esattamente alle domande si poteva spogliare una valletta.
Il mito e il culto dell'estetica fu negli anni plasmato sempre più, quando la televisione irruppe nella comunicazione di massa: donne sempre più belle, sempre più nude, con i seni e le labbra sempre più grossi, sempre più viste come idoli d'oro inarrivabili da invidiare, per il pubblico femminile, e su cui sbavare, per quello maschile.
Negli anni sono nate diverse figure per compiacere sempre meglio il pubblico maschile: veline, letterine, meteorine, ereditiere e letteronze, figure che avviliscono e deprimono l'immagine e la dignità femminili.
Questo processo aveva il fine di preparare il popolo bue alla strisciante rinascita della concezione virilistica della politica. Non credo occorra ricordare che questa era anche una delle caratteristiche peculiari del fascismo.
Vi siete chiesti perchè il governo, oltre a tenere impegnate le camere a sfornare leggi per proteggere il suo leader maximo, ha trovato il tempo per dibattere su un tema così marginale come quello della caccia?
La caccia rappresenta solo un altro tassello di questo nuovo superomismo che avanza.
Forse il nuovo fascismo mediatico è anche peggio dell'altro: tutte le sgallettate e prorompenti giovanotte che hanno assediato le liste elettorali da quando Silvio Berlusconi è al potere dimostrano inoltre che la politica si è trasformata in una vetrina di marketing: a chi si lamentava di non essere stato ricandidato, come l'Onorevole Vernola, ex-dc ora passato all'udc, Denis Verdini chiedeva: ""Ma tu ci hai le poppe?" e aggiungeva "Tutti e due non abbiamo le poppe e perciò non abbiamo nessun futuro, nessuna prospettiva nel Popolo della Libertà". Aneddoto sconcertante che mette in chiaro come la stretegia pubblicitaria abbia invaso la propaganda politica.




Questo episodio magari non c'entra niente, ma forse è solo l'antipasto della 'fase due' del pdl: ill nuovo pubblico (attenzione, non popolo, ma pubblico), rincitrullito dalle tv del boss, magari preferirà votare per un bel seno sostenuto che per una coerente proposta di sostegno alle famiglie disagiate.
Comincio a pensare che il Grande Fratello, capostipite della famiglia dei reality, sia il nuovo mezzo mediatico per veicolare queste ideologie: qualche edizione fa, mentre il paese era scosso dai conati razzisti per le nuove leggi volute della lega, vinse un immigrato di origine rom, Ferdi.
Avevo previsto fin dall'inizio questa vittoria, sapevo che nella mentalità manipolatrice catodica del governo questo avrebbe ammansito il popolo bue; immagino la celeberrima casalinga di Voghera che mentre prepara il pranzo sbuffa "questi quattro no global dicono che il paese è razzista, ma com'è possibile, uno zingaro ha persino vinto il Grande Fratello!". Quest'anno, il tiro si è alzato sul mito del super maschio, tramite un George Leonard donnaiolo e con amanti che sbucano da ogni parte, meglio se dell'est, per non offendere la dignità della femmina italica; l'Italia e gli italiani però hanno ancora una morale, per cui meglio eliminarlo per ora, salvo poi divinazzarlo nei contenitori trash della mattina e del pomeriggio, e demolire la reputazione della moglie (suonare Barbare D'Urso per maggiori dettagli).
D'altronde, lo ammise proprio Borghezio, quando fu sorpreso a dare consigli ai rappresentanti dell'estrema destra francese, di essere 'sempre gli stessi' ma di utilizzare il travestimeto localista per non essere considerati subito dei nostalgici fascisti.