martedì 21 febbraio 2012

............SFACCENDATO.......



pubblicata da Piero Lo Iacono


“Sì, leggo molte poesie!”
-ammisi alla fine.
E mi diedero dello sfaccendato.
Che ha il tempo per queste cose.
(E se sapessero che ne scrivo pure?)

La gente seria e ammodo che lavora
non ha il tempo di leggere poesie…
Ha ben altro a cui pensare.
Nelle librerie e nelle biblioteche io mi perdo
-e per te non ci sono dubbi-
ho solo la testa fra le nuvole.
E dovrei stare coi piedi saldi per terra.
Sfaccendato che ammazza il tempo.
Virtuale Icaro con ali dappertutto.
Io non ho il diritto di giudicarli.
Né il dovere.
Né devo avere tempo per odiare.
Ma comincio ad entrare in punta di piedi
nelle loro case.
A volte dolorante mi accascio stremato
quasi avessi pestato una serpe velenosa.
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il giorno lunedì 11 luglio 2011 alle ore 23.48 ·


NON C’E’ “VERSO” DI FARE AMARE LA POESIA!
Non ne hanno tempo
(io invece ne ho sempre tanto!)
La credono un ozio improduttivo
che offende chi lavora.
Non destinata al consumo.
Distrae dal mercato
e riduce il guadagno degli “operosi”.
Un anti-lavoro senza prezzo
e con nessun valore d’uso o di scambio.
Cristo guarì i ciechi,
gli storpi, i lebbrosi,
ma non gli sciocchi.
28-6-2008
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"Essere comunisti oggi"



pubblicata da Pietro Ancona

il giorno lunedì 20 febbraio 2012

Perchè dobbiamo dirci comunisti

C'è qualcosa di malato nella fuga da se stessi, dagli ideali per i quali si è combattuto magari tutta la vita, negli allontanamenti e nelle tristi e squallide abiure dal comunismo o dal socialismo e cioè di quanto di meno immanente ci possa essere oggi nella realtà italiana ed europea in preda a spinte di segno assolutamente reazionario di destra. Ed è singolare che i ravvedimenti i ripensamenti avvengano mentre si chiede la resa incondizionata ai lavoratori e la cancellazione di ogni seppur minimo tratto di socialismo nel welfare delle legislazioni europee. Perchè personaggi autorevoli della "sinistra" maestri di pensiero si affannano a comunicare che tutto ciò in cui avevano creduto è sbagliato e spesso anche abominevole?
Sono rimasto assai colpito della spiegazione che Rossana Rossanda, un vero e proprio mostro sacro per diverse generazioni di intellettuali comunisti, ha dato ieri alla crisi di vendite del "Manifesto" che oramai non raggiunge più le quindicimila copie giornaliere. Rossanda si domanda: se non possiamo più dirci comunisti che cosa siamo? Io credo che la crisi di lettori del Manifesto non nasca da una crisi della idea del comunismo nella gente ma dal progressivo spretamento di gruppi dirigenti storici della sinistra italiana e dal loro abbandono di ciò che Rodolfo Morandi chiamava le" latitudini dottrinarie del socialismo". Questa crisi di "spretamento", di perdita della fede e delle ragioni della scelta politica è stata visibile in tutta la vicenda della aggressione e della distruzione della Libia. Rossanda riteneva che fosse condivisibile la rivolta armata contro la Jamaria e la dittatura di Gheddafi ed ha dato spiegazioni assurde per l'intervento dello Occidente dicendo che derivava da ragioni elettorali interne alle Francia. Il Manifesto ha tirato la volata da sinistra ad una sanguinaria guerra colonialista che ha sfasciato la Libia e l'ha trasformato in un inferno in cui la legge è scomparsa e si è in balia degli odi tribali. Credo che rispetto la questione siriana si sta ripetendo lo stesso "errore" di valutazione. Ma si tratta proprio di un errore oppure di un cambiamento radicale di prospettiva, in una condivisione della idea che l'Occidente sia la democrazia e la Siria la Libia l'Iraq siano tirannidi da estirpare anche con il bisturi della guerra e dei bombardamenti? Rossanda si ripara come Berlinguer sotto l'ombrello della Nato e sotterra l'analisi comunista della realtà mondiale?
A questo punto quale differenza tra Rossanda e Veltroni che criminalizza l'art.18 e D'Alema che dopo avere bombardato Belgrado si dichiara pronto ad arruolarsi per la Siria? Che c'è di diverso nelle abiure e nei ripensamenti di questi personaggiP? Che cosa resta di sinistra se non di comunista nel "Manifesto"? Perchè i compagni dovrebbero continuare a distinguere Rossanda da Bersani?
E' singolare che più la realtà precipita verso il peggio della crisi sociale ed economica e più si fa insopportabile e stringente la presa autoritaria di un capitalismo sempre più feroce e sempre più portato alla distruzione della civiltà europea come l'abbiamo conosciuta da cinquanta anni a questa parte e più i gruppi dirigenti e singole personalità della sinistra comunista e radicale rinculano a destra, sempre più a destra. Qualcosa di simile si verificò alla vigilia del nazismo quando importanti gruppi e personaggi della socialdemocrazia si convertirono al fascismo. Potrei capire che un capitalismo keinesiano progressista tollerante ed aperto al benessere dei ceti medi e dei lavoratori possa indurre un dirigente di sinistra a moderare, ad attenuare al massimo la propria intransigenza di oppositore. Ma come si fa a diventare di destra quando abbiamo avuto la tatcher e Reagan e quando il potere delle banche è diventato terroristico verso le famiglie e le nazioni ed i salari sono stati abbassati brutalmente in tutto l'Occidente?
Nella fase storica che si è aperta sarebbe auspicabile piuttosto che l'abiura una riscoperta integrale del comunismo da Carlo Marx e Federico Engels alla Rosa luxemburg, a Lenin ed a Stalin. Lenin spiega alla perfezione il fallimento e la vacuità dei regimi parlamentari e Stalin potrebbe offrire il modello sovietico della accumulazione collettiva e della trasformazione di un popolo di 160 milioni di contadini poveri ed analfabeti in un popolo di scienziati, ingegneri, professori, medici, tecnici capaci di vincere Hitler e di competere nella sfida spaziale. Ecco, mentre la crisi della società spinge a destra la Rossanda, Bersani ed a tantissimi altri, la classe operaia che c'è sempre e la lotta di classe che non è mai finita ripropongono la riscoperta integrale del Comunismo oggi più che mai attuale e corrispondente agli interessi generali della umanità. Per questo, io che sono stato socialista tutta la vita credo che oggi essere socialisti non vuol dire convincersi delle buone ragioni di Friedman e di Monti ma diventare fino in fondo comunisti. Comunisti come potevano esserlo i bolscevichi. La Grecia, la Libia, l'Iraq ci indicano tutto quello per cui dobbiamo lottare....Le scelte sono diventate radicali e discriminanti.
Pietro Ancona
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domenica 12 febbraio 2012

Se non ora quando, un anno dopo


L'ANNIVERSARIO
Lavoro, parità e stop alla violenza
le nuove sfide per "Se non ora quando"
Il movimento femminile compie un anno: milioni di donne, affiancate da molti uomini, scesero in piazza per chiedere dignità e rispetto. In 12 mesi tanti obiettivi raggiunti ma il percorso è solo all'inizio: "Vogliamo segnare una nuova stagione politica con la nostra forza"
di ANNA BANDETTINI
PER L'ITALIA fu un fatto inedito e inaudito: mai si erano viste un milione e mezzo di donne (ma anche parecchi uomini) in piazza in 230 città del paese 1, unite per chiedere dignità e rispetto in un momento in cui, ogni giorno, venivano calpestati dalla cronaca politica.

Inedito anche che una tale mobilitazione fosse stata organizzata in tre settimane senza partiti, senza sindacati, senza formazioni politiche, ma grazie al tam tam telefonico e sul web di alcune donne che avevano intercettato il sentimento del paese e che in breve erano state capaci di coinvolgere migliaia di lavoratrici e precarie, donne laiche e cattoliche, giovani e anziane, di destra e di sinistra, e anche uomini.

Era il 13 febbraio 2011. Quel giorno ha segnato, nella storia recente dell'Italia, l'inizio della fine dell'era berlusconiana ma anche il definitivo riconoscimento pubblico del grande patrimonio di esperienza, sapere, pratica del femminismo italiano.

E lo slogan di quella manifestazione, "Se non ora quando" (Snoq), è diventato il simbolo e la sigla di una nuova realtà, la prima rete di donne, dove oggi operano associazioni che lavorano già da anni, come Filomena, Di Nuovo, Usciamo dal silenzio e molte altre, ma anche donne di diversa estrazione e provenienza: artiste come Cristina e Francesca Comencini, docenti universitarie come Serena Sapegno e studentesse, donne di destra come Flavia Perina, cattoliche come Silvia Costa.


Al compimento del primo compleanno Snoq vanta già sedi e comitati in tutta Italia (perché il rispetto delle esperienze sul territorio è una delle forze da non disperdere); ha organizzato i primi Stati Generali delle donne italiane 6 (lo scorso luglio a Siena) e una seconda manifestazione a Roma 7 (l'11 dicembre) per ribadire al nuovo governo Monti, fresco di insediamento, che "le donne sono una risorsa del paese, necessaria per uscire dalla crisi, che senza le donne non si va da nessuna parte".

Soprattutto Snoq è diventato un progetto politico femminile che intende dialogare con le forze politiche e imporre nell'agenda del governo i temi delle donne: a cominciare dalla conciliazione dei tempi casa-lavoro, ai servizi, a una riforma del welfare che non faccia pagare solo alle donne il peso della crisi.

"Vogliamo contare nelle decisioni politiche", dicono a Snoq che per questo ha avviato una serie di colloqui ufficiali con la politica a partire dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, al ministro Fornero e Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.

Ma non basta, per il futuro Snoq vuole "segnare una nuova stagione politica con la nostra forza, contare sulla scena pubblica". E dunque, oltre a proseguire l'attività dei comitati territoriali (a Bologna lo scorso 10 e 12 febbraio è stato organizzato un convegno sul lavoro, presto ce ne sarà un altro a Milano sulla rappresentanza), Snoq ha lanciato per i prossimi mesi quattro fronti di impegno: "La battaglia per una effettiva democrazia paritaria nei luoghi dove si decide"; la richiesta del "50-50" (metà uomini metà donne) dalla politica ai consigli di amministrazione.

Altro punto di impegno quello sul lavoro (in Italia l'attività femminile si stima intorno al 47 per cento) e sulla "rappresentazione" della donna, in particolare nei mass media, che spesso restituiscono una immagine femminile che non corrisponde alla realtà.

Infine, strettamente collegato a questo, il dramma della violenza maschile sulle donne. "Vogliamo avviare - dicono a Snoq - una campagna di conoscenza nelle scuole e nelle università, nei luoghi di cultura perché la violenza si combatte cambiando la mentalità, la cultura che fa della donna un possesso maschile".

In collaborazione col ministero dell'Istruzione, delle Pari Opportunità e degli Interni verranno organizzati incontri e spettacoli in particolare per i giovani "perché è ora di aprire in Italia la 'questione maschile': è arrivato il momento che fidanzati, padri, amici, colleghi inizino una riflessione sui propri comportamenti, come le donne hanno fatto ormai da anni: se non ora quando?". Vale anche per gli uomini.
(13 febbraio 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 26 dicembre 2011

DOVE 'E L'EGUAGLIANZA??????

di Orazio Licandro | 26 dicembre 2011
Caro Presidente, dov’è l’uguaglianza?
Stento a capire, credetemi, ma gli ultimi interventi del Presidente della Repubblica, dalla excusatio sul corretto uso dei suoi poteri all’intervista sul Corriere della Sera della vigilia di Natale, contribuiscono a rafforzare le mie perplessità sull’aderenza alla Costituzione della fase politica e delle scelte che si stanno determinando, e sul pesante condizionamento esercitato da poteri forti (banche e finanza) stranieri sull’Italia, con un’impressionante perdita del tasso della sua sovranità.


Con rispetto verso la tesi contraria del Quirinale, sono tra coloro sostengono che un grave vulnus sia stato inflitto alla nostra democrazia costituzionale. Rassicurare che al momento stabilito si andrà a votare è la dimostrazione che in effetti qualcosa di grave sia avvenuto. Giustificare certe mosse sulla base dell’emergenza significa simmetricamente che gli argini costituzionali non ne hanno impedito un’“esondazione”. Le ragioni del Capo dello Stato sono tanto più deboli quanto più si passano in rassegna gli anni della devastazione berlusconiana, durante i quali l’atteggiamento del Quirinale è stato improntato a una tale prudenza da non aver neppure impedito che un nugolo denso di leggi incostituzionali fosse approvato e promulgato.

Eppure il funzionamento di una democrazia non è soltanto il rispetto di regole e procedure, per quanto assolutamente rilevanti, ovvero la democrazia formale. Ma è qualcosa di più, è la dimensione di fatto a misurare il tasso di democrazia e dei principi fondamentali su cui si impernia, altrimenti l’art. 3 della Cost. a che servirebbe? Simmetricamente, è sempre sul piano fattuale che sovente si registra la gravità di ciò accade o, nel nostro caso, è accaduto.

Chi stabilisce che l’emergenza debba essere affrontata nel modo in cui la si è affrontata, tanto da far sostenere in una parossistica ubriacatura di presidenzialismo che per il futuro così bisogna procedere? E dinanzi a una crisi della portata di quella che ci ha avviluppati, e che implica scelte assai gravi, chi se non è il popolo, nelle forme previste dalla Costituzione, deve decidere da che parte andare, quali priorità individuare, quali interessi e ceti tutelare maggiormente? Occorreva innanzitutto non un nuovo governo, ma un nuovo Parlamento. Un parlamento diverso dall’attuale (bloccato e squalificato da scandali, veti, ricatti). Né vale dire che in tal modo saremmo stati alla mercé degli speculatori, perché invece è proprio così che si subordina un intero popolo al ricatto degli speculatori. Né tantomeno vale l’obiezione qualunquista secondo cui gli italiani avrebbero rivotato allo stesso modo, perché se così è eliminiamo una volta per tutte anche il voto popolare…

Si è detto che l’intenzione era di evitare una sorte analoga a quella della Grecia; e invece è proprio allo scenario greco che costoro ci condanneranno. E aver impedito il voto e aver voluto ferreamente un governo che ubbidisse ciecamente a banche e finanza ha strette analogie con l’aver impedito in Grecia il referendum e preteso un Presidente del tutto omogeneo alla Bce. Del resto, in questi giorni tutti, anche le Vestali dell’informazione a presidio del governo Monti non possono nascondere taluni dati oggettivamente terrificanti:
1) divario impressionante tra salari e prezzi;
2) carattere recessivo della manovra;
3) impoverimento generale;
4) intollerabile tassazione su lavoratori subalterni e pensionati, cioè i soliti tassati ancora tassabili;
5) spread oltre i 500 punti.

Almeno Mario Sarcinelli (toh! un altro Mario, banchiere), sempre sul Corriere del 24 dicembre, ha usato parole di verità: “C’è stato un errore di comunicazione: rigore, equità e crescita sono concetti che non hanno la medesima priorità”. Evviva la sincerità! Equità e crescita non sono una priorità. Errore di comunicazione o inganno popolare? Allora Presidente Napolitano e Presidente Monti, se non vi sembra irrispettoso, potreste spiegare a che gioco si sta giocando? Dove state portando questo Paese, e soprattutto a chi lo state consegnando?

E allora, mi scuserà il Presidente della Repubblica, ma nel leggere la sua lunga intervista al Corriere della Sera, non riesco proprio a mandare giù la retorica dal sapore un po’ patriottard0 del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Non vediamo nulla da festeggiare! Mi auguro, con sincerità, che nel suo tradizionale messaggio di fine d’anno ci risparmi inutile retorica e spenda qualche parola su chi versa in disperate condizioni materiali di vita.

Non c’è nessun orgoglio ritrovato con un governo costituito da un manipolo di uomini ricchi e potenti che, per quanto rispettabili, perseguono le peggiori politiche liberiste e antisociali in perfetta continuità con il passato, anzi se possibile addirittura con maggior estremismo. E’ difficile immaginare di rinsaldare il sentimento di unità quando un’intera classe politica ed economica permette che il divario tra Nord e Sud si aggravi ancora, e nessuna prospettiva di crescita se si permette ancora all’inestirpabile sovversivismo della classe dirigente italiana, da Marchionne in giù, di spolpare la carne degli strati popolari e del ceto medio.

Si smetta di mostrare accondiscendenza o indifferenza verso il capitalismo più familistico, rozzo e vorace che calchi il suolo europeo; basta prudenza verso potenti e lobby. Chi riveste o rivestirà alti incarichi istituzionali sia davvero interprete del sentimento comune degli italiani, che versano in stragrande maggioranza in difficoltà se non in stato di disperazione, e non di quella vera casta trasversale del 3% che detiene potere e ricchezza.

Cicerone, un campione del partito conservatore degli optimates, così affermava: “la concordia non ci può essere quando il denaro viene tolto agli uni e condonato agli altri, poi l’eguaglianza viene del tutto estirpata se non è consentito a ciascuno di avere il suo”. Concordia ed eguaglianza: Presidente, nei numerosi interventi ricorre tanto il primo termine mentre assai raramente abbiamo sentito pronunciare il secondo. In ogni caso ciò che sta facendo questo governo toglie speranza di concordia e di eguaglianza.
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mercoledì 28 settembre 2011